Oramai cinque mesi fa si è svolta nel nostro istituto l’attività “Pacinotti a tema”, in parole povere la settimana a tema autogestita dagli studenti che, nonostante la durata di soli quattro giorni, ha avuto un buon riscontro favorevole tra gli studenti per attività ed organizzazione generale (è vero, non sono mancati disservizi, ma nulla di così tragicamente irrimediabile). Se l’idea è piaciuta alla “base” studentesca, è stato altrettanto per i docenti? Per scoprirlo, ci siamo rivolti al professor Macaluso, di Storia e Filosofia, e alla professoressa Gaias, di Matematica e Fisica. Le loro posizioni sono diverse, come vedremo. Ma l’intervista si è allargata anche al più grande universo del rapporto tra docenti e studenti, nonché del significato dell’insegnamento in quest’epoca che si trasforma anche in questo campo.
Pro o contro la settimana a tema?
Macaluso: Sono stato favorevole, non ad un’autogestione assoluta, ma ad esperimenti di questo tipo.
Gaias: Contro, lo sono sempre stata.
Perché?
Macaluso: Semplice: ritengo che la scuola sia un luogo privilegiato per apprendere delle nozioni, e per sviluppare delle capacità, per lo più intellettuali, ma non solo. Iniziative di questo tipo favoriscono lo sviluppo di capacità spesso trascurate o in secondo piano nella didattica ordinaria, quali quelle di progettare, di realizzare e di collaborare con gli altri.
Gaias: Le motivazioni sono principalmente l’inserimento della settimana a tema al rientro dalle vacanze di Natale, che avrebbe portato ad una distrazione dalle attività didattiche, come poi si è verificato, portando a delle difficoltà specialmente per gli studenti con una o più materie da recuperare. Il secondo motivo di contrarietà è legato al fatto che con i progetti che ormai sono numerosi, specialmente nella nostra scuola, già creiamo un’offerta ricca e molto varia agli studenti, attività scolastiche, ludiche, scientifiche, le Olimpiadi; pensavamo fosse una ripetizione la proposta nella settimana a tema di attività già presenti in orario curricolare.
Cosa significa per lei essere educatore?
Macaluso: Educare per me significa orientare, promuovendo la libertà, alla ricerca della verità e al servizio degli altri.
Gaias: Il compito di educatore è importante e molto serio: parte dal rispetto, primo punto dal quale non si può prescindere per arrivare ad una comunicazione efficace. L’educatore deve condurre i ragazzi più in difficoltà con l’attenzione ed il dialogo ad un comportamento scolastico più consono.
Qual è il compito dell’insegnante a scuola?
Macaluso: Insegnare significa istruire, cioè dare nozioni, formare, cioè aiutare a sviluppare capacità, ed educare, cioè favorire la libertà orientando al bene. Questi tre compiti sono simultanei: io insegno quando faccio bene, ovvero con onestà intellettuale, con rigore. Se attribuissimo un valore estrinseco alle discipline, ricominceremmo a sbagliare.
Gaias: L’insegnante a scuola deve essere preparato, capace di dare risposte alle curiosità e agli interessi degli studenti, deve essere capace di organizzare bene il suo lavoro, in maniera da raggiungere gli obbiettivi prefissati, tenendo conto delle fragilità della classe, ma tenendo presente che la sta preparando per il futuro.
In che modo gli studenti possono crescere in autonomia?
Macaluso: Diventando protagonisti! Protagonisti nell’apprendimento, nello sviluppo delle capacità… non devono essere solo dei soggetti guidati, devono condividere il progetto e gli obiettivi che vengono loro proposti. Naturalmente ciò presuppone un duro lavoro di studio.
Gaias: Arricchendo la loro cultura. L’autonomia lo studente la raggiunge quando ha una cultura più vasta possibile; essa lo aiuta a formarsi, ad essere pensante e indipendente. Sono gli ignoranti coloro che si fanno facilmente condizionare e non sono capaci di raggiungere un pensiero autonomo. La cultura deve essere dunque l’elemento fondante di tutta l’educazione.
di Lorenzo Zucca