Tre settimane di amori, umori, dolori e sapori per noi studenti del Pacinotti al di là della fisica e della ricerca nucleare in momenti di vita irripetibili.
Tre settimane che abbiamo passato a Ginevra, nello stato di Quiparliamosolofrancesearrangiati.
I primi giorni sono stati traumatici: qualunque cosa si chiedesse in inglese, loro rispondevano in francese. Sembrava che farlo li divertisse, come per vedere quanto riuscissimo a capire. Dopo aver passato il test di lingua nei primi giorni, in concomitanza abbiamo dovuto sostenere quello per la solidità del nostro stomaco: ebbene sì, mangiando per tre settimane alla mensa del CERN, dovevano (e volevano) testare quanto riuscissimo a sopportare il cibo più o meno (più meno che più) commestibile.
Noi siamo arrivati al CERN di sabato: il giorno peggiore perché ci siamo dovuti sorbire il cibo peggiore della settimana; è infatti risaputo che per mangiare al CERN, il weekend è il momento peggiore poiché rifilano gli avanzi della settimana: nel nostro caso si è trattato di carne di canguro (SI’, CANGURO), cucinata il venerdì sera, che abbiamo dovuto mangiare fino alla domenica a cena. Traumatico: questa è la parola adatta a descrivere l’esperienza del cibo i primi giorni; infatti, se la prima volta la carne non era così male, al terzo pasto cominciava a risultare un po’ indigesta.
Poi abbiamo scoperto che in realtà il cibo offerto dalla mensa non era quello esposto nei vari banconi ma era il cioccolato alla cassa; infatti non pochi soldi sono volati nel cioccolato per non morire di fame. Successivamente, per puro caso, abbiamo visto una macchinetta che faceva succo d’arancia: mai l’avessimo fatto, era buonissima! (l’unico contro era il costo di quasi tre franchi a bicchiere..) E inoltre era bellissimo guardare mentre faceva la spremuta perché c’era il meccanismo in bella vista. Dopo un po’ di giorni però ci siamo assestati anche con il cibo: abbiamo imparato cosa prendere e cosa no per evitare un’intossicazione alimentare, anche se nel gruppo c’erano due coraggiose ragazze che si immolavano per la causa e ogni giorno provavano cibo diverso a loro rischio e pericolo.
In un contesto del genere non potevano non nascere amori: quelli passionali, quelli più imbarazzati e anche quelli più timidi; ovviamente di questi amori se ne accorsero prima tutti gli altri rispetto ai diretti interessati anche se in un caso particolare nessuno sospettava niente. Ma le situazioni più belle erano quelle che coinvolgevano il malcapitato compagno di stanza di un membro della coppia, che talvolta si è trovato anche chiuso fuori dalla sua stessa stanza.
Ma, chiusa questa parentesi delle relazioni che coinvolgevano talvolta anche il compagno o la compagna di stanza, torniamo al tema principale, quello della bellissima esperienza che abbiamo vissuto nonostante tutto: nonostante il cibo illegale, le crisi e l’ansia per lo studio che bisognava fare ma che puntualmente si rimandava al giorno dopo, la carenza di sonno e l’acqua che costava quasi cinque franchi: ne vogliamo parlare del costo dell’acqua?
Dio diceva “Date da bere agli assetati”, ma in Svizzera, per prendere una bottiglietta d’acqua in un fast food, bisognava vendere un rene oppure qualche altro organo al mercato nero; sì, insomma, nemmeno a Venezia una bottiglietta d’acqua da mezzo litro costa così tanto. Okay, non esageriamo, forse a Venezia centro sì, ma non dal Burger King della stazione dei treni!
di Arianna Basciu