Marco Spissu, 24 anni di Sassari, è uno degli atleti sardi che con un impegno ed una professionalità determinate e costanti sta mettendo in evidenza capacità che finalmente gli sono riconosciute a livello nazionale e internazionale. Alto un metro e ottantacinque è un prodotto del vivaio della Dinamo Basket Sassari. Ha esordito nel campionato nazionale italiano a soli sedici anni il 30 ottobre 2011 contro l’Olimpia Milano. Si tè poi trasferito nella penisola per maturare e fare esperienza e nel 2016 arriva la chiamata prestigiosa alla Virtus Bologna. Nella città emiliana conquista la promozione nella massima serie, il titolo di miglior Under 22 e quello di MVP (Most Valuable Player riconoscimento assegnato al miglior atleta di una squadra, di un campionato oppure di un singolo incontro) della Coppa Italia di A2. Nell’estate del 2017 rientra a Sassari e le sue annate sono un continuo crescendo. Con coach Pozzecco alla guida della panchina biancoblu migliora partita dopo partita e in questa terza stagione sassarese è inserito nel quintetto iniziale per guidare la regia del gioco della squadra.
A lui abbiamo voluto fare alcune domande per presentarlo quale modello di lavoro e di successo e per farlo conoscere meglio ai giovani del nostro Liceo.
Marco, in questo momento tu stai vivendo il sogno di quando eri bambino, che anche molti altri giovani atleti condividono: indossare la maglia e lottare per la propria squadra del cuore. In che modo il fattore casa o trasferta influisce sulle prestazioni durante la partita? E che valore aggiuntivo ha il sostegno di una tifoseria che non condivide solo i tuoi colori, ma anche la tua terra di origine?
Il fattore campo conta tantissimo, noi possiamo contare in un pubblico pazzesco ogni volta che giochiamo, in trasferta è sempre difficile vincere e ci sono tanti fattori: pubblico contro e soprattutto i viaggi per noi che abitando in un’isola sono sempre lunghi. È speciale giocare qui, ogni volta entriamo in campo avendo il sostegno di un’isola intera, ho in mente l’immagine della nostra tifoseria a Milano, un colpo d’occhio impressionante al Mediolanum Forum, ma ovunque andiamo a giocare troviamo sempre dei sardi che vengono a vederci. Siamo veramente dappertutto!
Ti sei sempre dimostrato molto fiero del tuo essere sardo. Come descriveresti i Sardi a una persona proveniente da un altro paese?
Partiamo dal presupposto che ognuno è diverso a modo suo diversi, ma credo che i sardi abbiano un attaccamento alla propria terra che nessuno ha.
Ci sono delle qualità “sarde” che porti e dimostri in campo?
Io cerco di essere sempre me stesso e dare tutto quello che ho dentro, giocare nella mia città ovviamente è qualcosa di speciale, ho un attaccamento alla maglia diverso magari rispetto a un giocare americano che arriva da un altro paese.
È inevitabile che ogni atleta incontri nel suo percorso degli alti e bassi. In seguito a una grande delusione, specialmente da ragazzo, hai mai pensato di lasciare la pallacanestro e di dedicarti ha un’altra attività (sportiva o non)? Se sì, quale? E cosa invece ti ha spinto a continuare?
Non ho mai pensato di mollare il basket, ci sono stati alti e bassi e ci saranno ancora, mi accompagneranno per tutta la mia carriera. La cosa più importante è rialzarsi sempre e guardare avanti. Mi diverto giocando a basket, da piccolo era quello chevolevo fare, ero determinato e pensavo solo a questo. Non ho mai avuto altre opzioni.
Nella tua carriera c’è mai stato un evento particolare che ha rappresentato un punto di svolta per il tuo modo di giocare e per il tuo atteggiamento nei confronti della competizione?
Penso che ogni anno della mia carriera mi abbia dato qualcosa per farmi crescere, sia fisicamente sia mentalmente. Ogni tappa è stata fondamentale per arrivare dove sono ma la strada è ancora lunga.
Fin da piccolo, giocando nelle giovanili della Dinamo, hai sempre avuto la possibilità di confrontarti con numerose squadre e giocatori, di competere ad alti livelli e di toglierti numerose soddisfazioni; non tutti però hanno questa fortuna. Pensi che, specialmente negli sport minori, nascere e vivere in Sardegna, in una realtà isolata, possa limitare o rallentare in qualche modo la crescita sportiva di un atleta o attribuisci il successo unicamente al talento e al duro lavoro?
Il livello in Sardegna è diverso rispetto alle altre realtà, capitava che quando dovevi confrontarti con la gente di fuori e avevi la vera possibilità di metterti in mostra incontravi sempre squadre più attrezzate. Ho fatto la scelta di andare fuori all’età di 18 anni, perché pensavo che mi servisse come step per crescere sia come ragazzo che come giocatore, ed è una scelta che rifarei 100 volte. Il talento se non si allena, il duro lavoro alla lunga lo batte.
Come già detto, talento, determinazione e dedizione sono basi fondamentali per ambire alla vittoria, ma a volte è essenziale anche la giusta dose di fortuna. Sei un atleta superstizioso? Hai qualche rito scaramantico che non può mancare prima o durante la partita?
Non ho un rito scaramantico in particolare, anche quelle sono cose mentali.
“La forza del branco è nel lupo, la forza del lupo è nel branco”: così insegna una delle tante Parole Maestre tratte dal Libro della Giungla di Rudyard Kipling. Passando dal terreno fangoso delle giungle indiane al parquet dei palazzetti sportivi, l’ambizione di una qualsiasi squadra si deve basare ovviamente sulle prestazioni individuali, ma non può prescindere dalla coesione e dall’affiatamento tra compagni.
Quanto tempo del vostro allenamento è dedicato a esercizi mirati a migliorare l’intesa tra voi giocatori? Potresti farci alcuni esempi?
Credo che l’intesa cresca nel tempo e nella conoscenza reciproca sul campo e fuori. Ci vuole tempo, non bisogna forzare niente, tutto viene con il tempo. Ci alleniamo tutti i giorni più passa il tempo e più iniziamo a conoscere sempre di più del nostro compagno.
Parliamo un po’ anche del vostro “capo branco”, Gianmarco Pozzecco, allenatore di grande esperienza e competenza cestistica, capace di trasmettere ambizione ed entusiasmo all’intera squadra grazie alla sua spiccata personalità e al suo ineguagliabile carisma. Quanta importanza ha avuto la sua figura per il tuo miglioramento professionale e umano?
Penso che l’arrivo di coach Pozzecco sia stato fondamentale per me, non smetterò mai di ringraziarlo, ha puntato su di me al 100%.
Capacità innate, allenamenti sfiancanti, inesauribile costanza e spirito di squadra ti hanno portato a raggiungere livelli sempre più alti e a stare per lungo tempo lontano da casa, per poi tornare più forte di prima a giocare nella tua squadra del cuore. Se, durante queste stagioni, avessi potuto portare con te un qualunque aspetto della Sardegna, cosa avresti scelto per sentire meno la mancanza della tua terra di origine?
A casa mia non mancava mai qualcosa di sardo, la mia famiglia mi spediva sempre dei pacchi pieni di generi alimentari isolani, quindi mi sono sempre sentito a casa ovunque sia andato.
di Francesca Costa
La foto che presentiamo è del fotografo professionista Luigi Canu dinamobasket.com ed è data in gentile concessione a Novus per la pubblicazione di questo articolo. Lo ringraziamo affettuosamente per questa disponibilità e auguriamo a lui, a tutto l’Ufficio Stampa, alla Società e alla squadra i migliori successi in tutte le competizioni a cui prenderanno parte.