Senza la fretta della cronaca per provare a capire ciò che succede: la crisi Usa-Iran
Nei giorni scorsi è risuonato un allarme a livello planetario su un certo rischio di scoppio di un conflitto mondiale, legato agli scontri avvenuti tra il governo iraniano e quello statunitense. Per quanto questo rischio sia lontano, è importante parlare della crisi in atto per capire al meglio cosa succederà prossimamente in un Medio Oriente già massacrato.
I rapporti diplomatici tra i due Stati sono sempre stati problematici, fin dal periodo della rivoluzione islamica iraniana (1979), a causa di una chiusura dell’Iran e della volontà americana di un maggiore potere sulla regione. Vi è poi la questione economica, una delle più influenti: gli USA implementano infatti da anni sanzioni nei confronti dell’Iran, mettendo in ginocchio l’economia del Paese arabo. Queste sanzioni (condannate dall’Unione Europea), sono scattate in particolar modo nel 2018 in seguito al ritiro degli Stati Uniti dal trattato sul nucleare del 2015. Esso prevedeva appunto un affievolimento delle precedenti sanzioni, in cambio di un maggiore controllo sull’arricchimento dell’uranio nel Paese arabo. Per il presidente Donald Trump, l’Iran non rispettò l’accordo (l’UE riterrà invece il contrario). Egli inoltre considerò “non conveniente” per gli USA l’accordo stipulato dal suo predecessore, Barack Obama,.
Questa situazione, già gravissima, ha visto un’importante escalation nell’ultimo periodo, per l’inasprimento delle sanzioni contro la Repubblica Islamica e per i sempre più espliciti tentativi di controllo degli USA. Sono scoppiate numerose proteste popolari contro il carovita iraniano, durante le quali sono morte centinaia di persone.
Il punto di rottura definitivo è arrivato il 2 gennaio scorso, con un raid militare statunitense all’aeroporto internazionale di Baghdad, che ha visto ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani. Egli è stato una figura di spicco nel Paese dopo la rivoluzione del 1979, nonostante non abbia mai ricoperto un ruolo politico. Ha infatti combattuto nella guerra contro l’Iraq e in quella contro l’ISIS.
Per l’intelligence americana, stava progettando attacchi contro le forze statunitensi nella regione.
Il primo ministro iracheno Abdoul Mahdi ha accusato il Presidente Donald Trump di aver attirato il generale in una trappola, rendendo egli stesso, inconsapevolmente, complice del delitto. Mahdi ha infatti rivelato che Soleimani si era recato a Baghdad per portare un messaggio all’Arabia Saudita, con un progetto per diminuire la tensione nella regione. Ha inoltre detto che il generale avrebbe incontrato Mahdi la mattina stessa dell’uccisione e addirittura che, giorni prima, il presidente americano aveva chiesto al primo ministro iracheno di “prestarsi per il ruolo di mediatore” tra USA e Iran.
Il Capo di Stato iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha promesso “vendetta” contro gli Stati Uniti, per l’attacco e contro Donald Trump in particolare. Gli USA hanno annunciato la mobilitazione di 3000 soldati per “proteggere gli interessi degli Stati Uniti”.
Il 7 gennaio, da basi militari iraniane sono partiti decine di missili che hanno colpito basi americane in Iraq, dove sono stanziati anche diversi militari italiani. L’attacco ha provocato, secondo fonti iraniane, circa 80 morti e 200 feriti, tra civili iracheni e personale di servizio. Non sono perciò stati colpiti membri dell’esercito opposto. Il giorno seguente ha visto una risposta americana, col lancio di due razzi nella cosiddetta “Zona Verde” di Baghdad, dove si trovano diverse ambasciate. Non ci sono state vittime.
Il giorno stesso, proprio per paura di una reazione americana, il livello di allerta dell’esercito iraniano è salito a livelli massimi. A causa di ciò, è avvenuta l’ennesima tragedia: un aereo passeggeri ucraino è stato abbattuto, uccidendo tutte le 176 persone a bordo: 63 canadesi (molti in possesso di doppio passaporto iraniano), ucraini e molti iraniani. L’incidente è avvenuto “per errore umano”, dopo che l’esercito era stato allertato del lancio di razzi statunitensi. L’aereo ucraino si è avvicinato troppo alle installazioni di difesa, portando un soldato ad innescare un lancio di missili senza occuparsi dell’identificazione del velivolo.
“Un giorno triste”, ha scritto il ministro degli Esteri Javad Zarif su Twitter, preannunciando “Conclusioni preliminari delle indagini interne delle forze armate” Una dichiarazione militare letta sui canali dei media statali è arrivata come la prima conferma da parte di funzionari iraniani che un missile, e non un incendio del motore, ha causato l’incidente. Essa indicava che lo sparo era “non intenzionale” e sosteneva che i responsabili avrebbero dovuto affrontare delle conseguenze. “Quando ho saputo di questo errore, desideravo morire. Accetto ogni responsabilità per questo”, ha detto il generale Amir Ali Hajizadeh.
Il premier Hassan Rouhani: ha affermato: “L’indagine interna delle Forze Armate ha concluso che missili sparati per errore umano hanno causato il terribile schianto dell’aereo ucraino e la morte di 176 persone innocenti. Le indagini continuano per identificare e processare (il colpevole di) questa grande tragedia e imperdonabile errore.”
Noi, perciò, possiamo stare tranquilli, pensando che ciò non porterà ad una “terza guerra mondiale”. Questa crisi è stata innescata soprattutto dalla volontà di controllo del territorio e dagli interessi economici del governo statunitense, ma parzialmente anche dalle reazioni poco diplomatiche di quello iraniano. Né i cittadini statunitensi, né tantomeno quelli della Repubblica Islamica, vogliono lo scoppio di una guerra. Essa colpirà, come al solito, i più deboli. Chi ne soffrirà davvero saranno infatti loro: i civili iraniani e coloro che vivono nella zona mai pacificata del Golfo Persico. Anche se si spera, fino alla fine, che ciò non accada e che non si debba assistere all’ennesima, ingiustificata carneficina in Medio Oriente.
di Clarissa D’Andrea