Piccoli imprenditori sardi tra volontà, iniziativa e vincoli statali.
Eccoci cari lettori, alla seconda puntata delle interviste alle aziende del nostro territorio. È il turno della ristorazione, con il locale di Cristiana, co-propietaria con suo marito Luca , del “Bocadillos”, una paninoteca e un fast food sulcitano nato nel 2009 che si trova sul lungomare di Sant’Antioco.
Che cosa ti ha spinto ad iniziare l’attività?
Ero disoccupata, dopo aver lasciato un posto come segretaria in un azienda, ho iniziato a fare le stagioni nel settore della ristorazione, un lavoro che mi appassionava di più rispetto a quello dietro una scrivania. Nel frattempo ho preso la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande e, avendo un locale di famiglia ad uso gratuito a disposizione, mi sono informata sui prestiti e ho avuto accesso al “prestito d’onore”.
In Sardegna, aprire una piccola-media azienda come la tua, credi che sia fattibile o sono necessari grandi quantitativi di denaro da investire?
Se si trovano i finanziamenti giusti non ci vuole un grande investimento, il problema sorge dopo aver aperto l’attività, per tutte le spese che comporta gestire un azienda.
Oltre a quelle di routine come la corrente, il gas, il suolo pubblico e l’immondezza, ciò che grava di più sono le tasse e i cambiamenti imposti dallo Stato a carico delle imprese, come il cambio cassa obbligatorio quando il sistema di trasmissione con l’agenzia delle entrate è cambiato.
I dati dicono che, in Italia, ogni anno falliscono circa 8000 aziende. Da piccola imprenditrice sarda, credi che lo Stato Italiano incoraggi la crescita della tua attività o ti senti in qualche modo ostacolata?
Assolutamente no, anzi, ci scoraggia, perché, nonostante il tanto lavoro, dobbiamo pagare così tante tasse che la nostra crescita viene ostacolata.
La regione potrebbe agevolare, per esempio, le assunzioni stagionali; io mi ritrovo a pagare senza agevolazioni i ragazzi che fanno la stagione, non ricevendo nessun contributo se voglio assumere con un contratto regolare.
Non voglio tirocini, ma vorrei che i ragazzi guadagnassero in maniera adeguata secondo il lavoro che fanno.
A queste condizioni non mi conviene assumere, e non mi sembra il miglior modo per far girare l’economia.
Poi, per la seconda parte della domanda, si potrebbe scrivere un libro! Purtroppo, come ho già detto, noi imprenditori dobbiamo versare troppa iva e troppe tasse.
Io ho la fortuna di avere un’attività che lavora tanto, eppure si fa difficoltà a risparmiare o a togliersi qualche sfizio! Invece sembra quasi che lavoriamo solo per lo Stato.
Cosa ti da più soddisfazione del tuo lavoro?
La passione ovviamente, i clienti che ci amano e ci incoraggiano.
Inoltre non posso che essere grata quando vedo collaboratori che si impegnano nell’attività come se fosse la loro.
Nel tuo lavoro è più importante la capacità tecnica o la creatività?
Più che la creatività, l’iniziativa.
Certe cose, anche se non fai parte del mondo della ristorazione, non c’è bisogno di dirle.
Ti faccio un esempio: se ti cade un guanto in terra e poi te lo metti, non l’accetto; dopo che tagli un’insalata non dovrei dirti di riordinare. Non c’è bisogno di lunga esperienza, anche perché i ragazzi comunque fanno un corso haccp (aspetti igienico-sanitari degli alimenti in tutte le fasi del processo produttivo: produzione, lavorazione, confezionamento, distribuzione, deposito, vendita, somministrazione). La tecnica non importa eccessivamente, certo c’è uno più portato di un altro, ma se c’è la volontà non ci sono barriere.
Che lavoro sognavi di fare alla nostra età?
Sognavo di fare tutt’altro: la puericultrice. Poi invece mi sono diplomata come ragioniera.
di Francesco Ledda