Lavorare da artigiano: calzare e vestire a chilometro zero

Cari lettori, con quest’articolo vi vogliamo presentare la prima di una serie di interviste che realizzeremo interpellando diversi imprenditori sardi. L’obbiettivo è quello di provare ad analizzare le difficoltà che bisogna affrontare per avviare una propria attività nella nostra Terra, ma anche le grandi soddisfazioni che può dare fare il lavoro che si desidera. Ci auguriamo che questa serie possa essere d’aiuto per avere una visione più chiara dell’oscuro mondo del lavoro che ci aspetta e, perché no, che possa anche essere da incoraggiamento a credere nella realizzazione delle proprie aspirazioni.

Inaugura la prima puntata l’artigiano Alessio Orrù, proprietario di “Cosingius”. Specializzato nella lavorazione della pelle, la sua azienda si occupa di abbigliamento, calzature e accessori tipici della cultura sarda.

1. Che cosa ti ha spinto ad iniziare l’attività nonostante una condizione economica poco favorevole per gli artigiani?

GalleryMi ha spinto soprattutto la passione per il mio lavoro: mi piaceva (e mi piace) moltissimo! Inoltre non avevo intenzione di emigrare e avevo iniziato a lavorare nell’azienda di mio padre. Ho notato che i miei articoli si vendevano bene ed erano apprezzati. Anche questo primo “test” mi ha convinto che avrei potuto far crescere l’azienda per conto mio e che avrebbe funzionato. Di sicuro non l’ho fatto per arricchirmi e non avevo questa aspettativa.

2. In Sardegna, aprire una piccola azienda come la tua, credi che sia fattibile o sono necessari grandi quantitativi di denaro da investire?

Sicuramente serve avere un minimo di disponibilità economica per pagare l’affitto, comprare qualche materiale e l’attrezzatura. Le scelte sono due: fare affidamento sulla famiglia oppure chiedere incentivi; l’UE dà qualche contributo per i giovani che aprono nuove attività, io infatti ho ottenuto un finanziamento per l’acquisto di macchinari e l’affitto di un capannone a prezzo ridotto (incubatore d’impresa).

3. I dati dicono che, in Italia, ogni anno falliscono circa 8000 aziende. Da piccolo imprenditore sardo, credi che lo Stato Italiano incoraggi la crescita della tua attività o ti senti in qualche modo ostacolato?

Sicuramente non sono agevolato: la pressione fiscale non considera moltissimi fattori. Per esempio, io ho aperto il negozio in un paese di 5000 abitanti e il laboratorio in uno da 1600, però pago lo stesso quantitativo di tasse che paga un negoziante in centro a Milano. Per me la Regione potrebbe attivare l’articolo 9\10 dello Statuto di Autonomia (l’agenzia sarda delle entrate); in questo modo la Regione avrebbe più risorse da spendere nel territorio creando infrastrutture e servizi, che migliorerebbero il tenore di vita (si avrebbe maggiore potere di acquisto), incentivando gli investimenti e non obbligando i sardi ad emigrare.

 

4. Cosa ti dà più soddisfazione del tuo lavoro?

Creare nuovi prodotti, con tutto ciò che comporta la progettazione e i vari passaggi produttivi. Poi, quando questi sono pronti e li mostro ai miei clienti, ricevere messaggi di apprezzamento. Un’altra cosa che mi fa piacere è sapere che un cliente consiglia la mia azienda perché si è trovato particolarmente bene o perché gli sono piaciuti i nostri prodotti.

5. Nel tuo lavoro è più importante la capacità tecnica o la creatività?

Sarebbe bello poter rispondere quella creativa, ma io sono più per la tecnica. Se dovessi assumere qualcuno preferirei avesse una buona manualità e che le scarpe siano eseguite magistralmente.

6. Che lavoro sognavi di fare alla nostra età?

Avrei voluto fare la guardia forestale.

di Michele Dessena

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