Intervista all’attrice Elisa Pistis
Durante quest’ anno scolastico, è venuta a farci visita a scuola, per un progetto del MIUR riguardante il teatro, l’attrice Elisa Pistis. Noi di Novus siamo stati subito colpiti dalla sua simpatia e dolcezza, e non potevamo farci mancare l’occasione di porre qualche domanda ad un’artista, sarda, del suo calibro.
Come artista, come sei stata condizionata nel tuo percorso dall’essere sarda?
Indubbiamente, l’appartenere ad una terra che ha una cultura e una storia forte come la Sardegna è una cosa che ci si porta dietro. E’ un po’ come il tuo nome, ti caratterizza e ti rende la persona che sei.
Bisogna dire però, che oltre a sentirmi sarda, io mi sento anche molto cittadina del mondo: provo spesso grande empatia verso ciò che è diverso da me.
Sicuramente c’è stato un condizionamento. Spesso nei miei spettacoli ho voluto mettere un forte elemento sardo, perché caratterizza particolarmente il messaggio che si vuole trasmettere.
Quindi piuttosto che di condizionamento parlerei di contaminazione e soprattutto arricchimento
Secondo te, il sardo, ha qualcosa in più o in meno rispetto alle altre lingue?
Per me, non ha qualcosa né in più né in meno.
Ogni spettacolo, ogni testo, ha la sua natura, diversa dagli altri. In alcuni casi il sardo funziona di più, in altri casi funziona di meno.
In alcuni pezzi penso che la lingua sarda possa rendere meglio il messaggio emotivo che si vuole trasmettere. Nel mio Mistero Buffo, per esempio, ho scelto di rappresentare la scena di Maria sotto la Croce completamente in sardo, (che nella versione originale veniva mantenuta nella lingua che usavano Dario Fo e Franca Rame) e il pezzo, visti anche i riscontri che ho avuto dal pubblico (spesso di persone non sarde) ha acquistato un valore aggiunto. In questo caso il sardo ha dato nuova vita al pezzo.
Ma in altri sensi, è alla pari di tutte le altre lingue, dato che ognuna ha la sua dignità, la sua storia e delle ragioni per cui si è sviluppata ed è parlata.
Infatti in un altro pezzo, sempre dello stesso spettacolo, ho sentito che fosse più funzionale mantenerlo nelle lingue del Nord d’Italia. Non perché avessero qualcosa in più, ma perché ho ritenuto che avessero delle sonorità che meglio veicolassero il messaggio.
Non è tanto una questione di valore, ma una questione di scelta e di diversa interpretazione che ogni lingua piò dare ad un determinato pezzo. Ed è anche molto divertente poter usare i linguaggi più diversi.
Un’artista sardo, ha più difficoltà rispetto ad altri?
Bisogna dire che in Sardegna non vi sono accademie pubbliche di teatro, ma è così in tante altre regioni dell’Italia; ci sono comunque tante scuole e corsi.
Io ho avuto la fortuna di partire e fare un’ accademia seria. Ho dedicato tre anni interi (e intendo davvero tutto il giorno, tutti i giorni) per avere una formazione di base, ma dopodiché ho dedicato altri tre anni alla specializzazione, sempre fuori Sardegna. Detto questo ancora oggi continuo a studiare e a formarmi, non è mai abbastanza e c’è sempre tanto da migliorare.
Nonostante la mancanza di un’Accademia, diciamo storica, dove hanno insegnato importanti Maestri del Teatro italiano, in Sardegna ci sono diversi artisti preparati e competenti che fanno Teatro di qualità. Essendo l’Isola un po’ periferica è difficile avere confronto con ciò che avviene fuori e con i grandi spettacoli, e vedere e confrontarsi con chi fa cose grandi è una grande occasione di crescita in questo ambito. Ci sono comunque tanti fattori che rendono il teatro sardo degno di nota, e ci sono bravissimi artisti sardi che hanno anche ricevuto riconoscimenti, i quali stanno sia all’estero che nell’Isola come me.
Io lascio sempre un piede in Sardegna e uno fuori, infatti ritengo che sia doveroso confrontarsi con realtà esterne e con chi fa meglio di noi per poi riportare il patrimonio acquisito nella nostra terra, in questo modo ne giova sia il teatro in Sardegna che quello fuori.
Si può dire che il teatro sardo stia facendo ottime cose, ci sono buoni riconoscimenti, ed è sicuramente un buon periodo per gli artisti sardi.
Cosa si prova a portare spettacoli aventi come tema la Sardegna in questa terra?
È molto bello che, attraverso l’arte, quello che tu vuoi esprimere venga colto in maniera più profonda da un pubblico della tua terra, che magari sente meglio certe cose. Da un altro punto di vista devo dire che anche da parte dei non sardi vi è un forte interesse e una certa curiosità.
Quando un lavoro è fatto bene, con onestà intellettuale, e ha qualcosa da dire, sia che venga portato in terra sarda o fuori, comunque viene apprezzato. Magari il sardo ti restituisce qualcosa che gli appartiene, il non sardo prova empatia e magari cerca di capire meglio chi sei e cosa porti da questa terra, o magari si emoziona per storie che conosce meno. E’ bello vedere come pubblici diversi reagiscono ad uno stesso tema
Quanto è presente la Sardegna nei tuoi spettacoli in questo momento?
Nei miei spettacoli posso dire che la Sardegna ci sia. Quando dobbiamo realizzare qualcosa attingiamo da quello che siamo noi per poi estenderlo ad altri contesti magari più universali, come ho scelto di fare nella parte di ‘’Mistero Buffo’’ che ho tradotto interamente in sardo, pur facendole mantenere i suoi messaggi universali.
Mi è capitato di realizzare dei progetti dove il tema Sardegna non comparisse affatto, ma forse, sotto sotto, essendo parte integrante del mio essere, in qualche modo la sardità e quello che siamo, rimane sempre presente, anche quando questo aspetto non è esplicitato.
di Francesco Ledda