Otto domande ai pacinottiani nel mondo, agli alunni o agli ex alunni che volando lontano dalla nostra Isola hanno fatto l’anno all’estero o studiano fuori Sardegna o già lavorano dopo lo studio…
Oggi sentiamo Giulia Piludu, da pochi anni a Firenze per studiare Storia dell’Arte.
È stato difficile lasciare la Sardegna?
Al di là di quello che si potrebbe pensare, lo è stato davvero poco, anzi, direi che non lo è stato affatto. Stavo sentendo sempre più “stretti” Cagliari e la Sardegna in generale, volevo avere la possibilità di conoscere nuove persone, visitare luoghi diversi. Non vedevo l’ora di partire.
Ci sono abitudini, idee o modi di fare che senti ti caratterizzino nel tuo essere sarda in questo nuovo contesto, fuori dall’isola? Quali sono?
Purtroppo e per fortuna la testardaggine; per quanto riguarda l’identità sarda avrei desiderato mantenere il mio accento, ma in questa nuova situazione non ci sono riuscita.
Invece al contrario, c’è qualcosa che senti derivante dal tuo essere cresciuta in Sardegna, che senti un po’ come una “limitazione”?
Direi l’impossibilità di non essermi potuta spostare più di tanto fino ai 18 anni, nonostante abbia viaggiato. Come ho già detto, per molti versi in Sardegna mi sono sentita davvero “stretta”, non avevo la possibilità di ampliare i miei orizzonti, che era ciò che desideravo. Una volta arrivata “in Continente” mi sono sentita libera di prendere un treno e andare ovunque volessi.
Quali piacevoli ricordi porti con te del periodo liceale trascorso al Pacinotti?
Non posso dire di essermi trovata male in generale, anche se i ricordi più belli si concentrano soprattutto tra la terza e la quarta liceo: la classe era abbastanza unita e siamo riusciti a trovarci sia nelle situazioni più tradizionalmente scolastiche, come durante le lezioni, che nelle situazioni più straordinarie, come nei viaggi di istruzione, ma anche fuori da ciò che ci era richiesto dalla situazione scolastica, parlo di feste e ore di studio condivise.
Ci sono invece degli elementi (del Pacinotti o del liceo in generale) che non ti mancano per niente?
Sì e no. Al contrario di quello che molti ritengono, io ho sempre apprezzato il dover studiare giorno per giorno e il dover essere sempre pronta, anche se in effetti direi che oggi metto poco in pratica questo insegnamento. La critica che mi sento di fare al Pacinotti però è il suo mancare di serietà in certe situazioni e di semplicità in altre.
Dal punto di vista dello studio, quali ti sono sembrati i punti di
forza e quelli di debolezza del nostro Liceo?
Parlo della mia sezione e posso dirmi oggi soddisfatta per la preparazione riguardo tutte le materie umanistiche (non a caso oggi studio Storia dell’Arte), opinione opposta per matematica e fisica, di cui so poco e niente nonostante le apprezzi molto.
Quando hai deciso di iscriverti al Pacinotti avevi un “piano B”? pensi che sarebbe cambiato qualcosa del tuo presente attuale se avessi scelto di intraprendere quell’altra strada?
Sì, in effetti ce l’avevo. Avrei voluto fare l’artistico, e scegliere non è stato facile. Sono sicura che anche scegliendo quello sarei stata molto stimolata, e che oggi sarei stata decisamente una persona diversa. Però tornando indietro prenderei la stessa decisione. Nonostante tutte le pecche che un liceo scientifico e che la vita si trova a offrire (e ciò che arriva a richiedere), alla fine se sono ciò che sono è anche grazie a quelle.
In che modo sei arrivata preparata ai test universitari?
La mia facoltà è a numero aperto, richiede solo un test di autovalutazione riguardante grammatica e lessico, niente di troppo complesso da necessitare una effettiva preparazione.