Cinque milioni di poveri in Italia. E in Sardegna?

Il 2017, secondo l’Istat, è stato l’anno più tragico dal 2005 per quanto riguarda la povertà nel Bel Paese. Si stima, infatti, che siano circa 5 milioni gli individui che vivono in uno stato di povertà assoluta e che quindi non dispongono del denaro sufficiente per acquistare beni di prima necessità e vivere una vita accettabile. Sono dati preoccupanti, specie nel Mezzogiorno, dove si è registrato il maggiore aumento della povertà assoluta sia per le famiglie (dall’8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (dal 9,8% all’11,4%).

In questo pauroso scenario nazionale, qual è la situazione della nostra amata regione? Con la ricerca ‘Povertà e ricchezza in Sardegna, insieme per nuovi modi di essere società’ la Fondazione Emanuela Zancan Onlus e il Centro di Servizio per il Volontariato Sardegna Solidale, hanno cercato di offrire una vasta panoramica sulla condizione sarda, non parlando esclusivamente di povertà ma anche di ricchezza e volontariato.

Ricchezza in Sardegna

Nel 2015 il reddito medio per famiglia era pari a 26 mila euro, inferiore alla media nazionale (30 mila euro) ma superiore al reddito medio di tutte le regioni del Mezzogiorno (eccetto Abruzzo e Puglia). Parlando della distribuzione del reddito invece si può notare come in Sardegna, rispetto alla media nazionale, ci siano più famiglie povere e meno famiglie ricche. Inoltre, osservando i dati dal 2003 al 2015, si è potuto constatare come sia aumentato il divario tra il più ricco ed il più povero.

Per quanto riguarda le imprese, nell’Isola quelle attive sono 86 ogni mille abitanti. Un valore lievemente superiore alla media nazionale di 85. Purtroppo però le nostre aziende hanno una ridotta capacità di esportare rispetto alla media italiana. Nel 2016 il valore delle esportazioni incideva per il 12,7% sul Pil regionale, contro il 24,8% in media in Italia. Un valore spiacevole, dovuto probabilmente al mancato sfruttamento della nostra posizione nel Mediterraneo e che ci fa sentire l’Isola come una prigione.

La ricerca mostra anche i dati relativi al volontariato e al numero delle organizzazioni non profit presenti nella nostra Terra che sono notevolmente superiori a quelle della media nazionale (65 ogni 10 000 abitanti contro 55). Un valore estremamente positivo, indice dell’altruismo che da sempre ci caratterizza.

Povertà in Sardegna

Nel 2017, secondo l’Istat, il 17,1% delle famiglie sarde viveva in una condizione di povertà relativa, ovvero sotto una soglia di reddito fissata a 1.085 euro per una famiglia di due persone. E’ certamente un valore critico, specie se confrontato con la media nazionale (12,3%) e con il valore registrato nel 2016 (14,0%). La percentuale di famiglie che invece sono a rischio di povertà o esclusione sociale è nettamente superiore alla media nazionale (38% contro 30% nel 2016).

In Sardegna è terrificante anche il tasso di disoccupazione nei giovani tra i 15 e i 24 anni (46,8% nel 2016), ben oltre la media nazionale (34,7%). E’ spaventoso pensare anche che un ragazzo sardo su tre è qualificabile come Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano). Un valore tra i più alti d’Italia, dove la media è di meno di 1 su 4.

Preoccupanti anche i dati relativi alla povertà educativa; nell’anno scolastico 2016/2017 la Sardegna ha registrato, nelle scuole superiori di secondo grado, la minor percentuale di studenti promossi (86,6% contro la media nazionale del 91,1%). Di conseguenza deteniamo il record di ripetenti presenti nelle classi (13%), un valore quasi doppio rispetto alla media delle altre regioni italiane. A proposito di record, deteniamo anche quello relativo alle ragazze ripetenti: sono circa il 10% delle studentesse, rispetto al 5% della media italiana.

Il questionario

Lo studio non ha voluto basarsi unicamente sui dati Istat ma ha voluto verificare la situazione sarda sentendo noi giovani tramite una ricerca avvenuta in 3 scuole superiori di diverso indirizzo e di diverse località della Sardegna.

Il questionario, formato da 90 domande su diverse tematiche, ha riguardato 400 ragazzi dalla prima alla quinta superiore. In questo articolo vorrei riportare alcuni dei risultati che più mi hanno colpito ed incuriosito.

Per quanto riguarda la povertà, il 22,1% dei ragazzi ha ammesso di aver avuto in famiglia almeno una difficoltà economica nell’ultimo anno. Un dato che rispecchia quanto rilevato nella ricerca del 2017.

Alla povertà spesso è associata anche la mancanza di opportunità in ambito culturale, educativo, ludico e di salute. L’impossibilità economica di fare attività nel tempo libero fa sì che i ragazzi poveri tendano a trascorrere più tempo da soli (35% contro il 25% di chi non ha problemi).

I ragazzi che fanno volontariato abitualmente rappresentano il 13%. Quelli che invece non fanno nessuna attività per aiutare gli altri si sono dimostrati, nel 73% dei casi, disposti ad offrire tempo ed energie nel caso gli venisse proposta qualche attività di volontariato. Interessante notare come nella ricerca sia emerso che la volontà di aiutare il prossimo non dipenda dalle condizioni economiche e sociali della famiglia di origine. Si è anche osservato che il desiderio di impegnarsi per chi ha più bisogno aumenti al crescere dell’età e, mediamente, sia maggiore nelle ragazze.

Parlando invece della visione del futuro, si è visto che, con il crescere dell’età, aumentino le incertezze. Vi sono state differenze tra le varie scuole: gli studenti degli istituti tecnici e professionali si sono dimostrati più pessimisti e rassegnati rispetto a quelli frequentanti il liceo. Inoltre, la visione pessimistica del futuro è tipica dei ragazzi che hanno avuto difficoltà economiche.

Per grafici ed informazioni più dettagliate vi invito a leggere il capitolo 3 del pdf scaricabile gratuitamente da questo indirizzo:

https://shop.fondazionezancan.it/media/free-content/4217/RapportoSardegna2018%20%2B%20copertina%20(1).pdf

di Michele Dessena

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