Nella prima metà dell’800, la corrente elettrica si otteneva grazie all’utilizzo della pila o della batteria piombo-acido, due metodi molto costosi e poco efficienti, tanto che si utilizzavano unicamente per il telegrafo.
Nel 1831 due fisici, il britannico Michael Faraday e lo statunitense Joseph Henry, notarono che un conduttore, spostandosi all’interno di un campo magnetico, produceva corrente elettrica.
Fu poi nel 1860 che Antonio Pacinotti, fisico italiano, basandosi sui principi di Faraday, costruì una macchina che chiamò “macchina magnetoelettrica”.
Questa macchina (detta anche “anello di Pacinotti”) era costituita da un magnete che riceveva un moto rotatorio da una manovella. Il magnete dotato di carica positiva e negativa passava ripetutamente vicino ad un pezzo di acciaio arrotolato in un cavo elettrico, producendo così energia elettrica ad impulsi.
Con l’aggiunta di un convertitore, Pacinotti fu capace di trasformare la corrente alternata in corrente continua e tale strumento è la prima dinamo. I francesi ritengono che quella di Pacinotti sarebbe da considerare solo come un prototipo e che l’invenzione sarebbe piuttosto da attribuire a Zénobe-Théophile Gramme, loro conterraneo, il quale la mise a punto nel 1869.
Durante la seconda rivoluzione industriale, la dinamo rivestì un interesse anche commerciale come produttore di energia elettrica destinata all’utilizzo pratico, i primi ad utilizzarla a questo scopo furono Thomas Alva Edison e Nikola Tesla.
di Davide Anedda